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Nel nome del padre, del figlio e del Boss

 


Un paio di settimane fa, in occasione del Salone del Libro di Torino, ho incontrato Matt Salinger, il figlio di J.D. Era in Italia (e sarebbe stato in altre città europee poco dopo) per parlare di suo padre. È infatti recente la notizia - divulgata dallo stesso Matt - che tra qualche anno verranno date alle stampe altre opere dello scrittore e che, nonostante l'ultimo libro pubblicato in vita risalga al 1963, Salinger non abbia in realtà mai smesso di scrivere fino al giorno della sua morte.

Tuttavia, l'incontro - questo incontro - con Matt Salinger è stato strano: la portata della notizia, come immaginerai, era ben grande ma non altrettato la libertà con cui potevamo parlarne. Quando siamo stati invitati - io e altri colleghi - a questo incontro informale nelle stanze dell'hotel NH del Lingotto, ci è stato richiesto con garbo e una certa premura da Einaudi di non rivolgergli domande scomode, di non indulgere in dettagli che potessero in qualche modo assecondare la leggenda secondo cui suo padre era un litigioso misantropo recluso in una fortezza di solitudine da cui teneva tutti lontani a costo di diventare violento.

Sì, perché in effetti questa è una leggenda un po' ingombrante con cui convivere per un figlio che sta cercando in tutti i modi di costruirne un'altra. Che sta cercando in tutti i modi di rivalutare la reputazione pubblica del padre e farci credere che J.D. Salinger, l'autore del celeberrimo e amatissimo The Catcher in the Rye (Il giovane Holden), fosse più simile a un padre funny, smart and empathetic che non a quell'uomo che fece della privacy la propria missione di vita, a scapito anche della propria opera.

Sembra che stia proprio qui, infatti, il nostro primo errore: Matt ha raccontato che suo padre era un uomo che, per scrivere, aveva bisogno di un profondo, profondissimo isolamento. Pensava a se stesso più come a un tramite tra la scrittura e il lettore che non a un genio creativo. Avrebbe fatto di tutto per preservare la purezza di questo legame e di questa "missione" e dunque fu per la sua opera e non a scapito di essa che Salinger cercò per lunghissimo tempo e in tutti i modi di tenere lontani giornalisti, curiosi e disturbatori di vario genere. L'isolamento tuttavia, si sa, non gode di buona reputazione presso la società: chi si isola - dice Matt - crea un vuoto di comunicazione e i giornalisti, i curiosi, in generale chiunque abbia domande e si veda reclusa la possibilità di una risposta tende a riempire quel vuoto con le poche cose che ha a disposizione. Creando spesso false notizie.

Ad esempio? Ad esempio il fatto che la famiglia Salinger vivesse in una casa circondata dalla recinzione elettrica (falso) o protetta dai cani (falso) o arroccata in cima a una montagna da scalare (falso). La famiglia Salinger era una famiglia normale e J.D. era un padre molto presente, dice Matt. Se c'è stato qualcuno verso cui non fu abbastanza corretto quella probabilmente fu la moglie, ma questo in ogni caso non lo rende diverso da molti altri uomini e, soprattutto, non sta a noi giudicarlo.

Oltre a raccontarci tutto questo, nell'oretta trascorsa insieme Matt Salinger ha fatto anche moltissime pause, ha messo tra le nostre domande e le sue risposte diversi silenzi, ha selezionato con cura le cose da dire e quelle da omettere. In un paio di circostanze si è anche visibilmente commosso, in un'altra si è visibilmente innervosito ed è rimasto contrariato per alcuni minuti (in quel momento avevamo in qualche modo disatteso il pudore richiesto e ci eravamo spinti a discutere alcune consuetudini del giornalismo nostrano che lui non riusciva ad accettare). Si è dilungato moltissimo nel raccontare la sua lettura de Il giovane Holden - fatta a dodici anni circa, sollecitato dalla sorella e amata in egual misura da lui come da tantissimi altri lettori in tutto il mondo (dagli States all'Italia alla Cina) - e il suo rapporto pacifico con il mestiere della scrittura, svolto prevalentemente dal padre ma tentato anche da lui stesso. Alla domanda "è mai stato geloso o triste per le attenzioni che il padre riservava alla scrittura?" il suo no è risuonato cristallino come l'acqua: "mio padre non mi ha mai fatto mancare nulla."

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Nei giorni che sono seguiti all'incontro ho pensato spesso a Matt Salinger e alla sua passione - quasi ossessione - per la figura del padre. Ho affiancato alla sua storia quella di molti personaggi di Philip Roth e di Bruce Springsteen, di cui sto leggendo l'autobiografia. Inoltre, durante le mie prime lezioni di questo ultimo ciclo, sia a Torino che a Milano, è emersa la difficoltà della relazione tra padri e figli come vero e proprio tema letterario americano. Tema maschile, chiaramente. Hai mai ascoltato il racconto che Bruce ogni tanto fa in apertura dei live di The River? È il ritratto di una distanza e della voglia di colmarla, delle sorprese che possono emergere dai silenzi, dei non detti che corrodono interi decenni. E le parole di Raymond Carver dedicate ai figli? Terribili e toccanti, spietate per quanto totalmente sincere.

Ci sono padri che sanno di essere stati pessimi e figli che non desiderano altro che restituire loro un destino più affettuoso. Ci sono figli che sanno di non poter mai più avere una parola dal padre e padri che avrebbero voluto soltanto salvarli da loro stessi. Ascoltare Matt Salinger parlare di J.D. è stato come aggiungere un'altra pagina - una pagina piuttosto importante - a questa grande parte della letteratura americana che forse - io credo - in ultima istanza porta il peso di una tradizione non ancora pacificata: non sono forse gli Americani i figli fuggiaschi e inseguiti, traditi e traditori di noi padri europei? 

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Questa volta ti lascio semplicemente così, con questa domanda aperta. Se hai delle risposte o dei semplici suggerimenti di lettura, ti va di scrivermeli?    
Grazie, ci sentiamo se vorrai l'ultima domenica di giugno, il 30
♥️

LE MIE DOMANDE A MATT SALINGER

Durante l'incontro ognuno dei presenti gli ha rivolto una o più domande. Siccome nessuno voleva rompere il ghiaccio (in Italia siamo sempre così insicuri e formali quando si tratta di fare domande!) ci ho pensato io con una prima curiosità molto semplice:

"Ha qualche ricordo di suo padre che gli leggeva storie da piccolo?"
"Sì, molte, ma nessuna sua. Mio padre non aveva nessun pregiudizio verso la letteratura, non era snob. Mi leggeva di tutto. Ricordo soprattutto storie di pirati e sottomarini."

"In che modo sta lavorando sul materiale inedito? Si avvale dell'aiuto di qualcuno? Qualche scrittore o editor?"

Lunga pausa.
"No, sto facendo tutto da solo e con l'aiuto della vedova [J.D. ha sposato un'altra donna dopo la madre di Matt]. Per ora si tratta soprattutto di un lavoro di riordino e archiviazione, mio padre ha lasciato davvero tanto materiale e forse avrei voluto che fosse un po' più ordinato! Di sicuro non intendo lavorare con un team di accademici o studiosi. Voglio rispettare il volere di mio padre, che mi ha chiesto di pubblicare le opere così come lui le ha scritte."  

"Non le manca essere Capitan America?" 
[Cerca Matt Salinger su Wikipedia e capirai!]
"Be', se avessi saputo che oggi la paga era così alta allora sì, certo, avrei voluto continuare ad esserlo!"


I viaggi del prossimo autunno!
 
Hai visto che si sono aperte le iscrizioni per il nuovo tour dei Book Riders del 2019? Quest'anno andremo alla scoperta del New Jersey. Anzi, precisamente del Rockin' Jersey, quel posto dell'America dove ruvidezza e intimità, voglia di libertà e senso del dovere si incontrano dando vita al più tosto dei sogni americani.
 
Il viaggio comincia sulle sponde dell’Hudson, dove le storie e gli occhi saranno puntati su New York, e prosegue nel cuore laborioso del Jersey: a Newark con Philip Roth, a Paterson con la più sorprendente delle poesie, a Fort Lee con i Soprano. I personaggi di Junot Díaz e Chimamanda Ngozi Adichie ci parleranno dei giovani arrivati da lontano, il college di Princeton delle promesse del futuro, i romanzi di Richard Ford dello Shore. Lo Shore, la lunga spiaggia sull’Atlantico costellata di diner, motel, chioschi del gelato e ruote panoramiche dove è iniziata la leggenda più trascinante di tutto il tour: quella del nostro accompagnatore d’eccezione, il nostro rocker, il nostro padre Bruce Springsteen.

Tutti i dettagli del viaggio li trovi qui.
Ci sono già 7 iscritti, se vuoi venire dimmelo presto.

Ma non finisce qui: siamo ancora alla ricerca dell'ultimo partecipante per il padre di tutti i tour, quello nel Wild Wild Texas dal 22 ottobre al 4 novembre. Vieni?
E infine occhio ai canali Instagram mio e di Xplore: a giugno cominceremo una campagna che ti riguarderà da vicino. Sono certa che vorrai partecipare!
Le donazioni aiutano me a portare avanti i servizi che propongo gratuitamente e te ad andare alla scoperta di quell'America autentica e lontana che tanto ci affascina.
Non tutte le persone che mi seguono riescono a venire in viaggio con me. Non tutte possono partecipare ai miei corsi  in Italia. Tutti voi che siete qui, tuttavia, avete un'esigenza comune: essere portati là dove per mille motivi non arrivate da soli. Investo gran parte del mio tempo libero per aiutarti a fare questo grande salto oltreoceano e, soprattutto, a farlo non a caso, a non perderti. A te andrebbe di darmi una mano con una piccola (grande) donazione? 
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